Un modo intelligente per lavorare con le emozioni è quello di collegarsi con la loro sostanza di base. E la sostanza di base, la loro sostanziale qualità, è l’energia. Se siamo capaci di connetterci all’energia, quell’energia non può creare conflitto. E tutto diventa un processo naturale.
C.T. Rinpoche
Spesso ci capita che le emozioni che proviamoci fanno sentire il loro peso non nel cervello ma nella pancia; nella pancia abbiamo un “cervello addominale”. Le cellule neuronali intestinali dialogano con le cellule neuronali del cervello, si scambiano informazioni, e gestiscono quindi la produzione della serotonina e dopamina, l’ormone che regola gli stati d’animo.
La pancia è sede di un secondo cervello che si scambia informazioni con quello presente nella testa e, che al pari di esso, rilascia sostanza psicoattive, anche se in quantità leggermente inferiore, che comunque sono responsabili di una serie di disturbi o malesseri a volte decisamente fastidiosi.
Le cellule neuronali dell’intestino sono minori rispetto a quelle del cervello, rilasciano in media il 90% della serotonina. Stiamo parlando, appunto, del cervello addominale, che al pari di quello presente nella testa, è dotato di memoria per cui, uno stato d’animo negativo, una serie di condizioni stressanti, possono lasciare il segno anche a distanza di anni, in quanto il cervello addominale ne ha memoria, non le dimentica, così c’è la compromissione della produzione dell’ormone del benessere, rilasciato dal medesimo organismo.
Per ciò la rabbia, le tensioni sul lavoro, le discussioni di coppia o di famiglia, le preoccupazioni in generale, si accumulano sull’addome.
L’accumulo di ansia che non riusciamo a scaricare resta nella pancia, ma valutando tutto ciò che di medico, con indagini diagnostiche bisogna valutare, spesso scopriamo che non c’è nulla di patologico, dobbiamo valutare che la Mindfulness ci può aiutare con il respiro consapevole.
La respirazione, osservandola e/o modificandola, può servirci come intervento, oggi sappiamo che può modificare il nostro stato emotivo, la nostra memoria, e l’attivazione del cervello.
Grazie alle neuroscienze iniziamo a raccogliere prove scientifiche che possiamo migliorare funzioni emotive, di memoria e ridurre uno stato di ipereccitazione del cervello semplicemente controllando il respiro.
La concentrazione che utilizziamo quando facciamo Mindfulness, ci aiuta a stare qui e ora nella contemplazione emozionale adeguata; la consapevolezza ci aiuta a liberarci dalle catene emotive negative.
Le emozioni si attivano nel cervello attraverso i pensieri, che sono spesso inconsapevoli, ma con la Mindfulness sappiamo che c’è una presenza qui e ora ed un’accoglienza di pensieri negativi e positivi che ci vengono in mente, prendiamoli e lasciamoli andare, qui e ora. La rabbia, la paura che attiviamo spesso ci fanno rendere conto che non sono adeguate davvero a ciò che proviamo.
Quando in preda a queste emozioni, la tua capacità di pensiero superiore “cervello razionale” è diminuita, si rischia di tornare a comportamenti automatici ed istintivi memorizzati nei gangli basali.
IL cervello c’è ma il cuore potrebbe fare la differenza.
Il cuore contiene oltre 40.000 neuroni, con la capacità di percepire in modo indipendente, elaborare informazioni, prendere decisioni, dimostrare persino un tipo di apprendimento e di memoria.
Il cuore è un sistema intelligente.
Uno degli ormoni che il cuore produce è l’ossitocina, noto anche come ormone dell’empatia. La scienza ha appena iniziato a comprendere gli effetti dei campi elettromagnetici prodotti dal cuore, ma ci sono prove come le informazioni contenute nel cuore e nel suo campo magnetico possano svolgere un ruolo di sincronizzazione vitale nel corpo umano e di influenza riguardo a chi ci circonda.
La Mindfulness ci può aiutare a stare meglio dal punto di vista fisico ed emotivo.